Intolleranza al lattosio

L’intolleranza al lattosio, definita ipolattasia, è causata dalla mancanza parziale o totale dell’enzima lattasi che scinde il lattosio (zucchero composto) nei due zuccheri semplici, glucosio e galattosio, assorbibili dall’intestino.

Il lattosio è il principale zucchero del latte di derivazione animale, ne rappresenta il 98% degli zuccheri ed è presente anche nella maggior parte dei prodotti lattiero-caseari derivati; il lattosio si trova anche in altri prodotti come salumi e insaccati, oltre a essere presente come eccipiente in molti farmaci.

L’enzima lattasi appartiene alla famiglia delle beta-galattosidasi, prodotta dalle cellule dell’intestino tenue, viene rilasciata sulla superficie degli enterociti dove esplica la sua attività metabolica.

 

Sintomi

In caso di ipolattasia il lattosio non può essere metabolizzato e assorbito, rimane nel lume intestinale dove viene fermentato dalla flora batterica; l’acqua richiamata e la produzione di gas (idrogeno, metano, anidride carbonica) causano manifestazioni cliniche gastro-intestinali come crampi, dolore e gonfiore addominale, irregolarità dell'alvo (diarrea e/o stipsi), ma esistono anche manifestazioni extra-gastrointestinali, che compaiono da 1-2 ore a qualche giorno dopo l’ingestione di lattosio. I sintomi e la loro entità sono dose-dipendente ed altamente individuali.

L’ipolattasia è la più comune intolleranza enzimatica, ne è affetto circa il 70% della popolazione mondiale con distribuzione etnico-geografica variabile, anche se non tutti i pazienti manifestano sintomi.

 

Varianti 

L'intolleranza al lattosio esiste in tre differenti forme: congenita, genetica e acquisita.

La forma genetica, detta anche primaria, è causata dal deficit di produzione della lattasi, è permanente e si può manifestare nel bambino durante lo svezzamento o in età adulta a causa di una riduzione eccessiva della produzione di lattasi.

La forma acquisita, detta anche secondaria, è conseguenza di altre patologie infettivo-infiammatorie intestinali sia acute (es. enteriti acute) che croniche (tra cui celiachia, morbo di Crohn, sindrome dell’intestino irritabile, etc.) o disordini nutrizionali, terapie farmacologiche, interventi chirurgici, in generale di degradazione della mucosa intestinale; è una condizione transitoria e si risolve con la guarigione della malattia responsabile.

La forma congenita, molto rara, è DEFINITA deficit congenito di lattasi ed è dovuta a mutazioni non senso a carico del gene che codifica l’enzima lattasi. Si tratta quindi di una condizione genetica a insorgenza precoce con un’incapacità totale e permanente di produrre la lattasi e si manifesta sin dalla nascita quando il neonato sviluppa diarrea e vomito non appena nutrito con latte materno o formulato.

Nel 90% dei casi, l’intolleranza al lattosio è causata nella popolazione caucasica da una variazione del DNA definita polimorfismo C/T in posizione 13910 nel gene MCM6 a monte del gene che codifica per la lattasi (LCT). Esistono 3 differenti profili (genotipi): T/T -13910 con entrambe le copie gel gene funzionanti – fenotipo non intollerante al lattosio; C/T -13910 con una copia del gene funzionante – fenotipo non intollerante al lattosio; C/C -13910 con entrambe le copie del gene non funzionanti – fenotipo intollerante al lattosio.

 

Diagnosi

L’intolleranza al lattosio si diagnostica oggi con due principali metodiche: H2-Breath Test e Test genetico.

L’H2-Breath Test valuta la capacità di digerire il lattosio tramite una serie di misurazioni della concentrazione di idrogeno (H2) o metano (CH4) nell’espirato, prima e dopo la somministrazione di lattosio, in almeno 6 campionamenti a intervalli di 30 minuti. Questo test necessita di un’accurata preparazione nei giorni antecedenti all’esame e accerta la presenza di malassorbimento del lattosio, ma non discrimina l’intolleranza primaria dalla forma secondaria.

Il Test Genetico analizza il polimorfismo C/T -13910 su DNA estratto da tampone buccale prelevato dalla mucosa orale, a partire dal 6° mese dopo la nascita.

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