Reazioni Avverse al Cibo (RAC)

Importanza della diagnosi e del trattamento delle reazioni avverse al cibo

Le Reazioni Avverse al Cibo (RAC) costituiscono una delle aree più controverse della medicina: esistono opinioni discordanti sia sulla loro incidenza, prevalenza e sintomatologia clinica.

Questa breve rassegna si propone di informare sulle conoscenze odierne riguardanti le intolleranze e le allergie alimentari; per completezza faremo riferimento anche alle intossicazioni da cibo. In particolar modo saranno elencate e descritte le procedure diagnostiche più indicate e scientificamente validate per la diagnosi delle RAC.

Il cibo che ingeriamo e la nostra capacità di metabolizzarlo e processarlo a livello intestinale influenza e dipende dalla composizione del microbiota intestinale, cioè dall'insieme di microorganismi simbiontici che convivono con il nostro organismo senza danneggiarlo e che si trovano principalmente a livello intestinale; in caso di intolleranza alimentare la composizione del microbiota viene alterata perché il cibo non processato in modo corretto arriva nell’intestino dove crea uno squilibrio della flora. Questa alterazione è cosi importante perché nel rapporto ospite-batteri simbionti l’ospite mette a disposizione un habitat ricco di nutrienti e il microbiota conferisce elementi utili alla sua salute (ad es. protegge l’organismo dai batteri patogeni, mantiene l’integrità della barriera intestinale, formata da batteri, muco e cellule epiteliali, che costituisce il più importante sistema di difesa nei confronti di fattori potenzialmente immunogeni o patogeni). Il microbiota è inoltre essenziale per lo sviluppo del sistema immunitario, contribuendo a espandere il numero di linfociti nelle mucose, incrementando le dimensioni dei centrigerminali nei linfonodi e attivando i linfociti T regolatori nei linfonodi intestinali, essenziali per la tolleranza da parte dell’ospite nei confronti della massa di antigeni tra cui quelli alimentari che entra nell’intestino. Il microbiota è metabolicamente attivo, integra il metabolismo dell’ospite, permettendo la digestione di diversi nutrienti, che altrimenti non sarebbero modificabili e assimilabili dall’organismo:

  • Carboidrati. La fermentazione dei carboidrati ad opera del microbiota avviene con diverse reazioni biochimiche, la più importante delle quali, dopo la fosforilazione del glucosio, converte il carboidrato a piruvato, da questo si producono gli acidi grassi a catena corta (SCFA): molecole con una coda alifatica contenente meno di 6 atomi di carbonio, che rappresentano un’importante fonte energetica per l’epitelio intestinale e il fegato, hanno un’azione immunomodulatoria e sono coinvolti nel mantenimento dell’integrità della barriera intestinale.
  • Lipidi. Il microbiota intestinale esplica un ruolo rilevante nel metabolismo lipidico, regolando la composizione della bile e influenzando l’omeostasi del colesterolo. Gli acidi biliari coniugati escreti con la bile nell’intestino tenue vengono deconiugati dagli enzimi idrolasi microbiche, con conseguente ridotto riassorbimento e maggior eliminazione di colesterolo.
  • Proteine. Il metabolismo delle proteine è garantito da un complesso sistema di proteasi e peptidasi microbiche, che agiscono in associazione con gli enzimi dell’ospite.
  • Polifenoli. Questa ricca famiglia di molecole organiche, presenti in diverse varietà di alimenti di origine vegetale, esplica numerose funzioni benefiche sulla salute dell’uomo. Una volta ingeriti, i polifenoli sono sottoposti a un esteso metabolismo ad opera del microbiota, che porta alla produzione di metaboliti, assorbibili per via portale e come tali in grado di raggiungere i siti distali dell’organismo. Si ritiene che possano essere proprio questi metaboliti ad esplicare, a livello cellulare, le attività che conducono agli effetti preventivi dei polifenoli sullo sviluppo di diverse malattie. Il microbiota è poi capace di sintetizzare vitamina K e vitamine del gruppo B, che vengono poi assorbite nel colon.

Numerose patologie a carico di diversi vari organi e apparati possono essere quindi correlate ad intolleranze alimentari:

  • Sistema nervoso centrale. Cefalea ed emicrania, difficoltà di concentrazione, astenia, sonnolenza, affaticamento, sindrome da stanchezza cronica, alcune forme di insonnia.
  • Apparato respiratorio. Allergie respiratorie, riniti, sinusiti, bronchiti, asma, faringite o laringite recidivante, raucedine, poliposi nasale e sinusale, russamento (roncopatia), ostruzione nasale, olfatto ridotto o aumentato,“raffreddore da cibo”.
  • Apparato cardiovascolare. Palpitazioni, pesantezza e ritenzione idrica degli arti inferiori.
  • Cute. Eruzioni cutanee, eczema, orticaria, acne, dermatiti, prurito cutaneo, ritenzione idrica e linfedema, eritema solare.
  • Apparato gastrointestinale. Gonfiore e dolore addominale, nausea, difficoltà digestiva, stipsi o diarrea, colon irritabile, gastrite, flatulenza, eruttazioni, pesantezza post-prandiale.
  • Apparato genitourinario. Cistiti, vaginiti, infezioni, dismenorrea, candidosi, enuresi, mestruazioni abbondanti o dolorose o irregolari, endometriosi.
  • Muscoli e articolazioni. Mialgie e crampi, tendenza agli strappi, dolori articolari, artriti, rigidità muscolare, artrite reumatoide.
  • Metabolismo. Diabete e obesità.
  • Sistema immunitario. Patologie autoimmuni.

In genere comunque, qualsiasi disturbo con componente infiammatoria cronica dovrebbe fare riflettere sulla possibilità di poter diagnosticare una ipersensibilità alimentare.

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Scarica il Libretto RAC - Le Reazioni Avverse al Cibo

  • http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_127_allegato.pdf
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